I cantieri edili, dalla legge definiti come “cantieri temporanei o mobili” e disciplinati da normativa ad hoc (prima del D. Lgs. 81/2008) ed attualmente da un Titolo dedicato del Testo Unico, (Titolo IV), sono da sempre considerati ambienti di lavoro ad alto rischio. Le statistiche non confortano il settore, purtroppo, confermando la pericolosità di luoghi dove si concentrano condizioni e criticità molto particolari a livello spazio-temporale, tra le quali, solo per elencarne alcune:
- Compresenza di molteplici imprese esecutrici in spazi ristretti e mutevoli con frequenza;
- Lavorazioni ad alto rischio (scavi, lavori in quota, montaggi di elementi prefabbricati in elevazione, movimentazione di carichi sospesi, interferenze, fiamme libere, rischi elettrici etc.)
- Criticità e complicazioni meteo-climatiche;
- Piani di lavoro serrati e spesso condizionati da termini strettissimi e previsioni contrattuali “penali”, molto punitive per l’esecutore;
- Uso di manodopera e maestranze non sempre specializzata o al primo ingresso nel mondo del lavoro;
- Ricorso a subappalti, in ambito privato, non sempre giustificabili e controllati;
- Ricorso statisticamente frequente a lavoro irregolare;
- Controllo degli accessi difficoltoso;
- Continua fornitura di materiale con accesso di mezzi d’opera e interferenze.
Insomma, il cantiere edile è da tempo visto come il “luogo di lavoro pericoloso per antonomasia”, cioè la criticità principale quando si parla di sicurezza dei lavoratori e tutela della prevenzione. Non importa se esistono realtà avanzatissime, certificate, con tecnologie ed organizzazioni all’avanguardia: il commentatore medio, cittadino o consulente, ha in testa questa pericolosità e ne vede conferma guardandosi intorno (i cantieri sono ovunque) con cognizione di causa o con superficialità. Quello che poi mette d’accordo tutti, sono i fatti. Con drammatica regolarità le cronache riportano episodi gravissimi, eventi infortunistici tragici, perdite umane, vite, famiglie ed aziende segnate per sempre. Gli esempi sono molti, ed il più recente (a prescindere dalle dinamiche che non sono oggetto del presente commento) ha dato il via all’ennesima risposta del Governo.
Le esternazioni post evento vanno tutte, sempre, nella stessa direzione: mancano i controlli, ci sono pochi ispettori per effettuare la vigilanza (sia in materia di sicurezza delle lavorazioni, che di regolarità del personale e dei rapporti lavorativi).
Questa volta però, ai commenti un po’ superficiali o generici, conditi di rammarico e contrizione tipica del senno del poi, vista la gravità, la visibilità dell’evento (in termini di perdite umane, di luoghi e di notorietà delle aziende coinvolte) la risposta ha dato vita ad un atto normativo nuovo con novità impattanti sui controlli suddetti.
Il Governo infatti, confermando l’urgenza dell’intervento (urgenza che sembra sempre un po’ intempestiva, visto che in realtà i cantieri ci sono da sempre e gli infortuni e le perdite di oggi si aggiungono ad una lunga lista di precedenti episodi), ha emanato Il Decreto-Legge n. 19 del 2 marzo 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 52 del 02/03/2024 e nominato “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”. Un Decreto legge con un ambito di intervento molto ampio, al cui interno, nel Capo VIII del Titolo II, trovano collocazione le disposizioni (urgenti) in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare.
L’art. 19 del Decreto in parola contiene novità rilevanti, o comunque degne di nota, tra le quali spicca la cd. patente a punti per le imprese esecutrici nei cantieri. Per una disamina tecnica puntuale rimandiamo l’appuntamento, anche perché, visto il risultato, è facile prevedere una conversione in legge (trascorsi i canonici 60gg.) con modifiche e correttivi. Nel frattempo può valere la pena enumerare alcune suggestioni e commenti in merito al decreto legge 19/2024.
1. Il provvedimento appare meno emergenziale di altri, nonostante il profilo di urgenza derivante dalla forma legislativa scelta (il decreto legge, appunto); di fatto vengono modificate alcune norme in materia di lavoro, ed in particolare l’art. 27 in vigore (Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi tramite crediti) viene completamente riscritto e sostituito da nuove indicazioni. Una modifica così sostanziale nell’impianto normativo sembra avere carattere di maggiore stabilità e tracciare una direzione precisa per il futuro (tralasciando le criticità applicative di cui si dirà fra poco): in pratica, prima dei dovuti controlli sul campo, le imprese (ed i lavoratori autonomi) vengono classificate e verificate mediante un sistema unico, derivante da un intervento normativo “strutturale”. Visto il caleidoscopio di modifiche o ritardi nell’attuazione dei provvedimenti e la stratificazione di leggi negli anni di cui il D.Lgs. 81/2008 tuttora soffre ormai quasi cronicamente, questa intenzione sembra una buona notizia.
2. Altro punto a favore: proprio perché si colloca a monte dei controlli e delle ispezioni, la patente a punti ed il sistema che la governa sembrano finalmente spingere verso una auspicabile responsabilizzazione delle imprese, chiamate in via preventiva a munirsi delle necessarie qualifiche formali e, soprattutto, a preservarne lo status in corso d’opera. Beninteso, lo spirito che informa il provvedimento della patente a punti dovrebbe essere lo stesso di tutta la (anzi di ogni) normativa esistente: fare da deterrente, ispirare ed incoraggiare la condotta adeguata in funzione della protezione di un valore o di un interesse ritenuto rilevante. La salute e la vita di chi lavora dovrebbe essere la priorità in ogni ambiente in cui essa viene messa a rischio: il lavoro, la strada, i luoghi pubblici, ricreativi o meno, le abitazioni private, etc. Sappiamo però che così non è, ed i risultati (negativi) si vedono. In questo caso la patente a punti, punta sullo spirito di adesione alla norma, e sull’attività di prevenzione che deve incarnare l’esecuzione di opere lavorative, a maggior ragione all’interno di un cantiere. Passare dalla modalità “attendista”, per le imprese che non si muovono se non in caso di controlli (o meglio, dopo i controlli), a quella del coinvolgimento attivo nel prevenire criticità (compresa la perdita dei punti), cioè esigere dalle imprese prevenzione reale ed efficace, appare un obiettivo molto in linea con lo spirito originario della norma. In tal senso le imprese sono chiamate ad auto-controllarsi, prima che a rispondere ad un controllo o ad una ispezione esterna ed alla possibile punizione; questo è positivo perché stimola la cultura di prevenzione dell’impresa e del management, oltre che delle maestranze: lavoro in regola e sicuro come elemento essenziale dell’organizzazione, a prescindere da controlli e sanzioni. Questo aspetto non sembra valorizzato dai critici ad ampio spettro - cioè sindacati ed organizzazioni datoriali - entrambi preoccupati dalla disorganicità ed improvvisazione dell’intervento (troppo “emotivo”) e soprattutto dalle conseguenze operative sulle imprese. Interpretano la novità come se il resto della norma non esistesse e non fosse già in vigore…
3. Se quanto sopra è vero ed è condivisibile, vi è anche da segnalare un precedente, tuttora in vigore anche se di tono minore, cioè la possibile sospensione con relative misure cautelative accessorie, che non sembra aver “stimolato” a sufficienza le imprese: la minaccia di possibile sospensione dell’attività imprenditoriale prevista dall’art. 14 (rivisto ed aggiornato dai Decreti del 2021) non vede ancora rilevanti applicazioni concrete, nel caso di violazioni gravi previste dall’allegato 1 della legge stessa. Le fattispecie di violazione sono peculiari e le contromisure appaiono inadeguate. Nonostante il fine dichiarato sia esplicito nel titolo dell’art. 14 (Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori), e sostanzialmente identico a quello del nuovo decreto legge, i risultati non si sono visti, in ogni settore e non solo quello cantieristico. Quindi una “minaccia” seppure non così organica al resto delle previsioni normative già esisteva, ma non ha funzionato, almeno fino qui. Gli Ispettori dell’INL, che hanno in questi due anni ampliato le file dei controllori esterni, non sembrano aver ottenuto il cambiamento sperato. Le imprese, dal canto loro, si sono rapidamente “adeguate”. Ora la patente a punti prevede la decurtazione di 10 crediti in caso di accertamento delle medesime violazioni (Allegato 1), ed il collegamento è concretamente operativo, e forse più minaccioso.
4. A proposito di cantieri: il sistema di qualificazione immaginato nella prima versione dell’art. 27, doveva riguardare TUTTE le imprese o i lavoratori autonomi, in ogni settore. Il nuovo articolo 27 invece si concentra solo sui cantieri temporanei o mobili, di fatto esentando da tale onere (cioè l’ottenimento della patente ed il mantenimento dei relativi crediti nel tempo) tutti gli altri. Come segnale non sembra il massimo, visto che gli altri settori non sono certo esenti da criticità applicative e le carenze prevenzionali sono ben distribuite in ogni realtà produttiva. Gli obblighi modificati riguardano l’art. 90 (Obblighi del committente o del responsabile lavori) e le relative sanzioni (art. 157). Gli altri soggetti, non sembrano intaccati dalle modifiche. Va detto che altri ambiti a cui estendere la patente potranno essere individuati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e sulla base di accordi sindacati-aziende. Quindi i cantieri potrebbero essere un campo di prova, per poi promuoverne l’estensione in altri settori produttivi.
5. A ben vedere, peraltro, il campo di applicazione sembra circoscritto ma diventa potenzialmente piuttosto ampio; infatti prevedere la patente a punti “per tutte le imprese che operano nell’ambito di un cantiere temporaneo o mobile ex art. 89 commi 1 lett. a)” significa non fermarsi alle imprese propriamente edili ed al luogo elettivo di operatività (il cantiere), ma allargare l’applicabilità ad ogni soggetto, compresi i lavoratori autonomi, che vi svolgano attività anche di “manutenzione, riparazione, risanamento equipaggiamento (di opere fisse permanenti o temporanee (…) comprese le parti strutturali delle linee elettriche e degli impianti elettrici, le opere stradali…”, come previsto dall’Allegato X del D.Lgs. 81/2008. Il campo di applicazione, e quindi l’obbligo di chiedere, ottenere, conservare la patente, si allarga così facilmente a molteplici attività ed operatori, considerato anche il fatto che le soglie crono/dimensionali (200 uomini/giorno) di una volta (D.lgs. 494/1996) non ci sono più, ed un cantiere temporaneo o mobile, anche di ridotte dimensioni è più facilmente realizzabile: conta il tipo di attività e lavori, nelle quali altre imprese, diverse e non specificamente edili, potrebbero di volta in volta rientrare con il vincolo di essere dotati di patente ed almeno 15 crediti.
6. Relativamente alla specifica patente a punti ed ai meccanismi di utilizzo ad essa sottesi: colpisce, tra i presupposti necessari all’ottenimento, il “possesso del Documento Unico di Regolarità Fiscale (DURF)”, documento fino ad oggi collegato ad appalti di lavorazioni specifiche (labour intensive), al superamento di determinate soglie economiche minime (200mila euro), con utilizzo di attrezzature ed in prevalenza nei luoghi del committente. Ora il DURF è previsto come requisito generale, e questo rischia di ingenerare incomprensioni, mancati rilasci del documento, criticità interpretative, cortocircuiti applicativi. Sembra una leggerezza, a cui il decreto di conversione dovrà porre rimedio, o spiegare al meglio, oppure garantirne la fattibilità operativa.
7. Ancora, in merito alle violazioni ed alle decurtazioni dei crediti sulla patente: prevedere (art. 29 che modifica l’art. 27 punto d) del DL) la perdita di crediti rispettivamente in caso di “1) infortunio sul luogo di lavoro da cui sia derivata la morte (20 crediti) o 2) un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale (15 punti) o un’inabilità temporanea assoluta che importi astensione dal lavoro per più di 40 giorni”, ma solo in caso “di accertamento della responsabilità datoriale” (notare peraltro la manifesta presunzione di colpevolezza del vertice ndr: e le altre posizioni di garanzia? per esempio i dirigenti, magari provvisti di delega di funzioni?); in ogni caso tale previsione sembra ignorare colpevolmente i tempi necessari al raggiungimento di una sentenza definitiva in un processo penale lasciando nel frattempo l’impresa operativa o in balìa degli eventi giudiziali, salvo il ricorso diretto alla sospensione cautelativa della patente per 12 mesi (senza spiegare, a decorrere dal tredicesimo mese fino alla ipotetica sentenza definitiva, come si debba comportare l’impresa ed il suo vertice).
8. Ancora, dal punto di vista operativo: l’amministrazione giudicante nei casi suddetti (condanne definitive per omicidio o lesioni personali gravissime o gravi colpose) deve comunicare all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, oltre che agli interessati con le dovute notifiche, l’esito dei propri atti: si presuppone una fluidità di comunicazione tra amministrazioni ed istituzioni che non esiste (ed il Sistema Informativo Nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, previsto da 16 anni all’art. 8 D.Lgs. 81/2008 ma ancora allo stato di progetto sulla carta, testimonia in modo eloquente la criticità di tale previsione: si rischia di vanificare tutto l’impianto di controllo e di sanzione.
9. Lo stesso sistema di comunicazione auspicabilmente efficace, ma concretamente inesistente, è alla base del meccanismo di reintegrazione dei crediti decurtati a seguito delle violazioni, dei provvedimenti, sospensioni o condanne, di cui sopra: il recupero può avvenire “a seguito della frequenza, da parte del soggetto nei confronti del quale è stato emanato uno dei provvedimenti (…), a condizione della trasmissione di copia del relativo attestato di frequenza alla competente sede dell'Ispettorato nazionale del lavoro”. L’intenzione è buona: recuperare i crediti, assegnando alla formazione un ruolo centrale; tuttavia da un lato rischia di essere un meccanismo che rende facilmente automatica l’azione “riparatoria”, dall’altro non fa i conti con un altro di quei decreti attuativi dimenticati che intaccano l’organicità delle attuale impianto normativo: ad oggi l’Accordo Stato-Regioni che dovrebbe disciplinare la formazione del datore di lavoro non ha ancora visto la luce, quindi si subordina il reintegro dei punti a qualcosa che non è ancora disciplinato da norme precedenti, minandone il funzionamento o incentivando pratiche formative “borderline”. È evidentemente urgente un correttivo o, meglio, l’emanazione dell’Accordo in oggetto, possibilmente semplificato e coerente con questa e con le altre previsioni in oggetto.
10. Interessante invece, ed ormai ricorrente in svariati interventi normativi in materia, la esplicita promozione di facilitazioni per le imprese (+5 crediti) che adottino modelli di organizzazione e gestione ex art. 30 D.Lgs. 81/2008 (certificati o meno).
11. La (e quindi l’effetto deterrente) prevista per l’operatività in assenza dei presupposti di idoneità – cioè senza patente o sotto i limiti di crediti – compresi i casi in cui si permetta di operare ad imprese appaltatrici o subappaltatrici in tali condizioni, appare invece piuttosto esigua e di scarsa efficacia: il pagamento di una sanzione amministrativa da euro 6.000 ad euro 12.000, non soggetta alla procedura di diffida di cui all'articolo 301-bis e l'esclusione dalla partecipazione ai lavori pubblici di cui al codice dei contratti pubblici per un periodo di sei mesi. Le conseguenze per l’impresa sarebbero minime (o mediamente affrontabili senza effetti collaterali evidenti: è sufficiente pagare), rispetto alle esigenze operative e di produzione derivanti dal cantiere in cui si opera. Rischia di incentivare un atteggiamento attendista da parte delle imprese (quelle in cattiva fede, o consapevoli di avere problemi che pregiudicano l’ottenimento della patente o che considerino una perdita di tempo i corsi formativi di reintegro, oppure i controlli di idoneità sui propri contractors), con la “scommessa” statistica sulla scarsa probabilità di essere colti in flagrante, invece che promuovere atteggiamenti di reale prevenzione, anticipando e risolvendo potenziali problemi ed evitando alla radice controlli e perdite di crediti.
12. L’urgenza e l’onda emotiva delle cronache deve poi fare i conti con la realtà: concretizzare quanto previsto, in termini di supporti amministrativi, informatici e relative organizzazioni umane e finanziarie, avrà un costo e richiederà tempo. Infatti la patente a punti e le relative sanzioni entreranno in vigore solo dal 1 ottobre 2024, ammesso che sia operativa la “specifica sezione del portale nazionale del sommerso” in cui confluiscono le informazioni di ogni impresa e vengano emanati i decreti ministeriali che disciplinano le modalità di richiesta e rilascio ed i contenuti informativi della patente.
13. Come infine quanto descritto ai punti precedenti sia realmente esigibile ed applicabile ad un lavoratore autonomo.
In conclusione, non si può dire che manchino elementi di positività ma di certo il cammino verso un concreto aumento della sicurezza, nei cantieri ed all’interno delle specifiche organizzazioni aziendali, è ancora ricco di incognite. La strada sembra segnata, e non si può che auspicare il rispetto degli impegni da parte del legislatore, degli organismi di vigilanza ed ovviamente delle imprese.
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